fonte: http://www.archeomolise.it/archeologia/ ... ma-fa.html
Dalla Sierra de Atapuerca (Burgos), uno dei capisaldi della preistoria europea, giungono novità sull’alimentazione dei primi europei di 1.2 Ma fa: le ultime campagne di scavo condotte nel giacimento archeologico di Sima del Elefante hanno messo in luce resti di tartarughe con chiari segni che ne attestano lo sfruttamento da parte dell’uomo. Un numero non trascurabile di resti di tartaruga, pari a 75 fossili, sono stati individuati all’interno della Trinchera del Ferrocarril, dei quali solo quelli pertinenti ai livelli più antichi, datati a più di un milione di anni, recano traccia delle tipiche strie di macellazione dovute all’uso di strumenti in pietra.
Frammento di carapace di tartaruga. In evidenza le strie di macellazione (http://www.elmundo.es)
Lo studio, pubblicato su “Journal of Human Evolution”, apporta importanti novità in un campo in cui la maggior attenzione si concentra generalmente sui resti dei grandi animali, piuttosto che sui piccoli, che pure devono aver rivestito un ruolo se non decisivo, comunque rilevante. “Finora le analisi si sono incentrate sui grandi animali, come cervi o cavalli, come prede degli uomini primitivi, ma questi cacciavano anche gli animali più piccoli. Se veniva cacciato un coniglio, non era necessario tagliarne la carne e quindi, non lasciando tracce, diventa più difficile provarne il consumo” – afferma Ruth Blasco, ricercatrice del IPHES (Instituto Catalán de Paleoecología Humana y Evolución Social). Di fatto, nei siti archeologici che rientrano all’incirca in questa cronologia, i resti di fauna di piccole dimensioni, come uccelli, roditori, rane o tartarughe, sono frequenti, ma la maggior parte di essi viene attribuita ad accumuli naturali o ad accumuli dovuti all’azione di carnivori o rapaci.
Tuttavia, studiando in laboratorio i resti di carapaci rinvenuti nel giacimento di Sima del Elefante, vengono riscontrati chiari segnali, al loro interno, che attestano lo sfruttamento alimentare da parte dell’uomo. I resti di tartaruga si riferiscono alla specie Testudo hermanni (tartaruga mediterranea di terra), il cui peso poteva raggiungere al massimo i 200 grammi per 15-20 cm di lunghezza, ma il cui apporto proteico alla dieta umana poteva essere molto importante.
La scoperta diventa ancor più eccezionale se comparata ad altri siti del Pleistocene inferiore che non restituiscono informazioni in tal senso. Solo a Bolomor, recentemente, è stato identificato un livello risalente a 120.000 anni fa, in cui sono stati messi in luce resti di tartaruga con strie di macellazione e tracce di cottura. In altri siti più o meno contemporanei sono stati riscontrati resti di tartaruga ma privi di quelle tipiche tracce che attestano il consumo alimentare da parte dell’uomo, come nella Gran Dolina (Atapuerca, Spagna), Pirro Nord (Foggia, Italia), Grotte du Vallonet (Alpes-Maritimes, Francia), Lézignan-le-Cèbe (Hérault, Francia), Fuente Nueva 3 y Barranco León (Orce, Spagna).
Anche se la ridotta quantità di fossili rinvenuti non consente di sostenere che mangiare tartarughe fosse molto comune, comunque la presenza si ripete in due livelli riferibili a due differenti occupazioni, per cui “si trattava di animali che si ritrovavano all’interno delle risorse potenziali degli ominini di Atapuerca e che facevano parte della loro dieta sin dai periodi più antichi” – conclude Ruth Blasco.
di Brunella MUTTILLO