Dove sono più importanti gli animali che i lettini e le sdraio. Viaggio tra chi custodisce e cura questi grandi vecchi del mare
A Iztuzu Beach il tramonto è delle tartarughe. C’è una spiaggia in cui gli uomini devono sgomberare lettini e asciugamani al calar
del sole. Possono sdraiarsi, ma gentilmente, fino alle 8 di sera, non di più. E’ il paradiso naturale di Dalyan, baia situata nella costa mediterranea della Turchia. Un luogo fondamentale per la conservazione della specie Caretta Caretta, che a Iztuzu va a nidificare.
E’ in questa baia blu, patrimonio dell’Unesco, che si trova l’ospedale più attrezzato e preparato per la cura delle tartarughe in tutto il Mediterraneo. Nel mare di casa nostra sono presenti due soli tipi di testuggini, la Caretta Caretta, fortemente minacciata e praticamente in via di estinzione, e la Chelonia mydas (o Tartaruga Verde): si stima che siano rimasti circa 2000 esemplari adulti di femmine del primo tipo e 500 del secondo, di cui il 40% nidifica in Turchia. I rischi per queste specie sono ovunque, nel mare. Ami pericolosi, motori dei motoscafi, reti, luci che le disorientano, plastica che le Caretta Caretta scambiano in buona fede per meduse, animali di cui vanno ghiotte. Sono soprattutto i sacchetti galleggianti il pericolo numero uno: una volta ingeriti non lasciano scampo, facendole soffocare.
I dottor House delle tartarughe dell’ospedale di Iztuzu provano a salvare con il pronto intervento gli individui più danneggiati dall’incontro con le barche, feriti dalla pesca, menomati negli arti o nel guscio. Flebo, raggi x, una vera sala operatoria: tutto come in un ospedale umano. Iztuzu accoglie esemplari venuti dal Mediterraneo e dalla Turchia, segnalati dalle autorità marine turche o recapitati lì da altri centri non così specializzati. L’ospedale è tenuto in piedi da volontari dell’università di Pamukkale. Gli sponsor? Locali e internazionali, ma il centro non naviga certo nell’oro. I fondi sono ridotti all’osso.
Le tartarughe in cura nuotano in grandi vasconi, aperti al pubblico. La nutrizione controllata e gli esami costanti consentono ai medici di farle guarire. Come accade alla “giovincella” Neslhan, 60-65 anni, una delle ultime arrivate, il 9 maggio. E’ stata trovata a Smirne con la testa fracassata perché è incappata sulla rotta di un pescatore in barca. Ci vorrà qualche mese prima di poterla liberare.
Le C. Caretta si inabissano anche per 200 metri, nel profondo blu. Sono carnivore, si accoppiano ogni 2-3 anni e nidificano dalle 3 alle 5 volte in un periodo di 15 giorni, tra maggio e giugno. Dopo due mesi di incubazione producono fino a 100 uova per ogni nido. Ma solo 5 tartarughe su 1000 riescono a sopravvivere. Ragion per cui noi umani, che prendiamo il sole nelle spiagge di Iztuzu, siamo invitati a non smuovere troppo la sabbia e a stare ben lontani dai cestini con le uova.
Una regola che introdusse già June Haimoff, lì nota come Kaptan June, un’energica ambientalista inglese che si trasferì nella provincia di Mugla, nel lontano 1984, per difendere le tartarughe. Fu protagonista di diverse battaglie e impedì la costruzione selvaggia di hotel e villoni sulla costa. Dopo pochi anni, però, i rapporti tra lei e il governo si sono deteriorati. Al centro “Dekamer” – questo il nome dell’ospedale – raccontano che lei “abbia iniziato a voler trarre profitto dall’attività, nata con scopi benefici, dunque è stata presto allontanata”. Rimpiazzata oggi per lo più da giovani ricercatori, che spiegano ai turisti la situazione delle tartarughe nei nostri mari con grande passione. E probabilmente, in quanto universitari, per pochissimi denari.
http://www.lastampa.it/2013/09/13/scien ... agina.html