Ciao a tutti,
è noto come il fabbisogno di raggi UVB durante i primissimi anni di vita di testuggini deserticole quali G. (S.) pardalis (“anche” deserticola), G. (C.) sulcata ed affini sia particolarmente elevato ed assolutamente necessario per uno sviluppo sano ed armonico dell’animale. Sappiamo anche come in natura gli esemplari si rifugino tra i radi cespugli o in tane abbandonate da roditori solo nelle ore diurne più calde e per loro intollerabili. Una situazione questa che in cattività viene raggiunta mediante l’utilizzo di un “parco luci” in grado di assicurare un’escursione termica lungo il corso della giornata che tocchi picchi particolarmente intensi nella seconda mattinata per poi decrescere sensibilmente. Mediamente è anche vero però che la soluzione più gettonata attualmente nell’era della lampade ai vapori di mercurio vede appunto l’utilizzo di tale tipologia di lampada in una zona circoscritta della teca sotto la quale gli animali ricevono sia calore (solitamente a temperatura più elevata che nelle restanti aree della teca, a mo’ di “basking-spot”) che una dose importante di raggi UVB. Spesso e volentieri mi è capitato di notare come tale lampada costituisca l’unica fonte “anche” di luce se la teca è di piccole dimensioni e comunque sia di raggi UVB: quasi MAI ho visto associare infatti una lampada ai vapori di mercurio con tubi al neon ad emissione di UVB…una soluzione rimpiazza spesso, se non sempre (anche nei consigli che vengono dati), l’altra…A questo punto mi chiedevo se utilizzare una modalità di illuminazione/riscaldamento come quella appena descritta sia in realtà poco consigliabile con esemplari baby o comunque giovani delle suddette testuggini in considerazione di una serie di variabili quali:
1) le dimensioni ridotte dei giovani o giovanissimi esemplari,
2) i tempi di esposizione alla lampada per raggiungere una temperatura corporea ottimale al proprio metabolismo,
3) la quantità di raggi UVB necessari al fabbisogno giornaliero degli animali allevati.
Se è vero, come è vero, che più le dimensioni degli esemplari sono ridotte e più rapidamente avviene il raggiungimento di un livello termico adeguato allo svolgimento delle attività, va da sé che minore sarà il tempo di esposizione alla lampada e di conseguenza agli stessi raggi UVB. Così facendo si viene però a creare una sorta di situazione un poco paradossale: più gli animali hanno bisogno, data l’età di sviluppo, di una continua e continuata esposizione ai raggi UVB durante l’arco delle ore diurne e più questa viene a ridursi qualora la fonte di tali raggi sia la medesima che eroga anche calore a temperature particolarmente sostenute. Insomma la mia domanda è questa: con il fine di esporre durante i primi anni di vita i giovani cheloni a quante più ore possibili al giorno di raggi UVB, non sarebbe più opportuno allevare gli animali con tubi al neon che “coprono” l’intera superficie della teca, svincolando quindi l’irradiazione di tali raggi dalla fonte di calore, invece che concentrarli in uno spot localizzato come avviene invece con le lampade al mercurio? In seguito, negli anni a venire, quest’ultima tipologia di lampade potrebbe sostituire i neon in quanto troverebbe una sua ragione d’essere nelle maggiore dimensioni raggiunte dagli esemplari e nella relativa necessità di dover disporre di gradienti termici per termoregolarsi sensibilmente maggiori a quelli necessari per i cuccioli della medesima specie.
…si lo so, una sorta di delirio del quale però mi interessava sapere i vostri pareri…
Grazie dell’attenzione.
Stefano